CAMMINARE, UN VACCINO CONTRO LA PAURA

«Che ti move, o omo, ad abbandonare le proprie tue città, a lasciare li parenti e amici, ed andare in lochi campestri per monti e valli,

se non la naturale bellezza del mondo?».

Così ci accoglie il sentiero che percorre la sponda destra della mesmerica vallata profonda e sognante. Ogni volta, sento quel magnetismo vitale che risuona in quella frase. Impossibile non pensarlo in queste strane settimane, quando sei in cammino e incontri altre persone che, come te, sanno bene che camminare non è un virus. L’epidemia ha sparigliato le carte, portando in superficie fragilità di una società disallineata dai... LEGGI DAL CORRIERE DELLA SERA


EDVARD MUNCH. I QUADERNI DELL'ANIMA

Nella pittura, come nella letteratura, si è soliti confondere i mezzi con i fini. La natura è il mezzo, non il fine. Se cambiando la natura riusciamo a esprimere qualcosa, dobbiamo farlo. Se un paesaggio ci trasmette una determinata impressione e riusciamo a dipingerla, avremo riflesso il nostro stato d’animo. È questo il valore primario dell’arte: la natura è solo il mezzo e poco importa se il quadro la riproduce fedelmente o no.

Edvard Munch. I Quaderni dell'Anima

(Nuova Editrice Berti, 2020. A cura di Serena Rinaldi, pag 120, Euro 12)

 

Il 24 febbraio 2020, Nuova Editrice Berti pubblica I Quaderni Dell'Anima di Edvard Munch. Un volume interessante, selezione di scritti e pensieri del grande artista norvegese, pubblicati su iniziativa del Museo Munch di Oslo. Come spesso capita taccuini, diari, riflessioni, soprattutto se di artisti conosciuti non per la loro scrittura ma per altre espressioni creative, in essi si rivelano il pensiero e la visione del mondo che poi conducono alle opere da noi amate. E' un libro decisamente consigliato, per chi ama scavare e sondare le profondità insondabili dello spirito umano di fronte alla scintilla cosmica, come ci indica la citazione in apertura di questo post.

Mi sento particolarmente legato a Munch. Accadde quando vidi un documentario molti anni fa, che mi ispirò a scrivere uno dei passaggi chiave del mio primo libro di narrativa, I Diari di Rubha Hunish (2004). La presenza di protagonisti che sono artisti, realmente esistiti o creati dalla mia immaginazione, ha caratterizzato infatti il mio percorso letterario. Da uno dei personaggi del romanzo La Valle di Ognidove (2007,  ma tornerà disponibile nel 2020 per Lubrina Editore), a quello che caratterizza il breve romanzo La Vera Storia di Gottardo Archi (2017) fino al capitolo dedicato a Segantini in Il Geopoeta. Avventure Nelle Terre Della Percezione (2019). Ho sempre attribuito questa fascinazione alla forte influenza avuta in famiglia, anche se la mia competenza e conoscenza di questa magnifica espressione umana è sicuramente poca. Il che, d'altro canto, mi ha concesso un approccio più vergine verso tele, affreschi, dipinti, bozzetti, al punto da trasformare spesso, tutto questo, in materiale per la mia immaginazione creativa. Ecco perché sono affascinato dall'uscita di questi diari, appunti e pensieri di un artista come Munch, certo famoso nell'universo per il suo Skrik, l'Urlo, ma forse meno conosciuto riguardo alle sue grosse problematiche personali, quella frizione, a volte dolorosamente necessaria, tra gli elementi della vita, dalla quale scaturisce la scintilla. Per questo, condivido qui Oslo e L'Urlo, capitolo tratto da I Diari di Rubha Hunish LEGGI


ASSOMIGLIO ALLE MIE SCARPE

È importante avere un segreto, una premonizione di cose sconosciute.

L’uomo deve sentire che vive in un mondo per certi aspetti misterioso, che in esso avvengono e si sperimentano cose che restano inesplicabili.

(C.G. Jung)

ASSOMIGLIO ALLE MIE SCARPE (reprise)

Me ne sono accorto oggi. Ho guardato le pedule morbide, ormai al (viale del) tramonto, con la loro scritta dietro il tallone, discreta e anche evocativa, perché no? Renegade. Le ho guardate bene: «l'ultima volta avevamo detto che era la fine. Avevamo scelto un grande luogo selvaggio per salutarci. Ve lo ricordate? Ma poi ce l'avete fatta, mi avete indossato anche questa volta. Non mi volete lasciare qui». Loro due mi hanno guardato intensamente, intrise di CONTINUA A LEGGERE

(magari ascoltando Silent Air della grande band inglese, The Sound)

 

 

 


L'ULULATO DALLA LESSINIA. IL CAMMINO DI BUCK

Sabato 11 gennaio, ore 20.30. Si apre la rassegna di quattro appuntamenti organizzata da Alta Lessinia, con la direzione artistica di Alessandro Anderloni, intitolata Il Cammino dell'Inverno. Un invito molto gradito: Alessandro già nel 2014 aveva invitato lo storytelling musicale Il Richiamo di Zanna Bianca al Film Festival della Lessinia e in questo caso il cammino geopoetico, che per me significava anche l'apertura del 2020 in viaggio, era pensato per e con Jack London e intitolato "Il cammino di Buck". Volevamo raccontare attraverso le grandi avventure del classico del 1903 anche qualcosa del lupo in Lessinia, da molti anni tornato ad aggirarsi su questi altopiani e questi monti. Un evento che ha richiesto e richiede un adattamento e un ripensamento nel rapporto tra noi e gli animali selvatici, una vera opportunità per tornare a conoscere profondamente la natura di cui facciamo parte. I sopralluoghi nell'area di Bocca di Selva, dove sorge un rifugio davvero accogliente, avevano suggerito ad Alessandro e poi alla guida escursionistica AIGAE, Gianmarco Lazzarin, un percorso semplice, per seguire il richiamo della...Lessinia, insieme a Buck, nel piccolo Yukon che si trova - selvaggio e potente - a poche centinaia di metri da una piana battuta dal vento, dal sole, dalla luna, a 1550 metri di quota. In cammino con Jack London, sotto la luna piena - la prima del 2020 - a poche ore dal suo compleanno. E si che esiste ancora qualcuno che crede al caso...

Ci siamo ritrovati, in circa novanta persone, compatte nella volontà di vivere un'esperienza fuori dall'ordinario, o forse, semplicemente, giusta, per chi ama - come tutte le persone che hanno deciso di uscire in pieno inverno la sera per ascoltare il cammino di Buck - sentirsi connesso con il mondo selvatico. Un mondo del quale noi siamo parte e che ci osserva, ci invita, ci dedica la sua energia, ricordandoci che non possiamo farne a meno. Ho voluto iniziare leggendo poche frasi da un libro che alle mie esperienze di neve e grande nord deve tanto, ovvero La Musica della Neve. Così volevo salutare Buck, Zanna Bianca, e ovviamente Jack. In fondo, la poca neve sul terreno, ma sempre a danzare polverosa e fragrante sotto i nostri passi, è un sogno: arriva, si stabilisce temporaneamente, poi torna nel cosmo. E poi, è accaduto: non appena ho aperto Il Richiamo della Foresta per accogliere Buck tra noi, un ululato e poi un altro hanno attraversato nel buio Bocca di Selva. Era chiaro che si trattasse di un saluto, un benventuto del wild che non ha fissa dimora e che è il canto nomade della notte dei tempi. Un piccolo dono, ne sono certo, di Jack London a tutti noi.

Nel plenilunio, ci siamo portati in una radura che mi ha ricordato alcuni campi allestiti dai protagonisti dei libri di London (ma anche miei, in certe spedizioni nellla neve) per poi scendere verso una pozza ghiacciata, il palco sul quale ho potuto danzare leggendo nell'abbraccio di tutti i partecipanti, delle guide come Andrea e Gianmarco (grazie, per il vostro lavoro e i vostri brevi ma profondi interventi), degli organizzatori come Riccardo e i suoi colleghi di Alta Lessinia. Il disco perfetto e luminoso della luna piena, sembrava essere questo palco e poi, il nostro cammino è ripreso, si è snodato tra abeti, neve, vasti orizzonti nei quali siamo usciti, come esploratori dalla foresta boreale, per consegnare alla notte tersa una memoria selvatica. La memoria del mondo giovane, al quale abbiamo diritto di appartenere.

 


IL CAMMINO DI BUCK NEL CUORE DELLA LESSINIA

ALTALESSINIA.COM annuncia la rassegna "Il cammino dell'inverno", quattro appuntamenti a cura di Alessandro Anderloni. Si inizia sabato 11 gennaio 2020 al plenilunio:

Jack London ha lasciato un segno come pochi altri autori nell’immaginario popolare. È l’inventore letterario del “Grande Nord”. Nessuno, prima di lui, aveva raccontato così i lupi, i cani e la fauna. Milioni di persone sanno chi sono Buck e Zanna Bianca perché le loro avventure rappresentano l’umano travaglio, i dolori e le gioie, l’estasi e la trasformazione. Davide Sapienza è tra i più intensi studiosi e traduttori dell’autore californiano. Il suo cammino in Lessinia, nella notte di luna piena, è un’incursione nelle pagine del “Grande Nord” pensando al lupo, animale elusivo e misterioso, accompagnati da Buck e Zanna Bianca e con la lettura di alcune pagine selezionate. Questa escursione guidata notturna ci porterà a scoprire la Foresta dei Folignani, il cuore misterioso della Lessinia. In due ore di cammino e narrazione, scopriremo questo straordinario luogo e ci faremo affascinare dai racconti di Davide Sapienza.

ISCRIZIONE OBBLIGATORIA QUI

 


JACK LONDON: SOGNARE IL PROFONDO

Inizia oggi una collaborazione stimolante. Da un mese è online la rivista LIMINA, che oggi, nella sezione Comma22, pubblica un saggio su Jack London a partire dal suo capolavoro, pubblicato postumo nel 1918, Il Rosso e la cui traduzione avevo incluso nel volumetto Cacciatore Di Anime (Mattioli1885).

Buona lettura con SOGNARE IL PROFONDO. IL RACCONTO DI LONDON TRA JUNG E KUBRICK

 


TRECENTO GIORNI DI OROBIE GEOPOETICHE

Esce oggi per il Corriere della Sera (dorso Bergamo), la puntata numero 300 della mia rubrica Sentieri d'Autore. Un'idea nata con Marco Brizzi all'alba del 2014, per raccontare il camminare in un modo che, allora, pochissimi quotidiani di rilievo come il CorSera raccontavano e nessuno con la regolarità di un appuntamento settimanale. Né Marco né il sottoscritto potevano immaginare, allora, che non avremmo mai fermato questi passi: neanche per un solo venerdì. Così nasce una vera e propria spedizione di scoperta, a piedi, della provincia e delle sue Alpi, le Orobie, dove vivo dal 1990. A questi trecento giorni in cammino, si aggiungano i tanti reportage fatti negli anni scorsi, gli editoriali, le interviste a operatori culturali che hanno raccontato le Orobie con film, libri o iniziative sociali. Qui, sul mio sito, posso anche affermare che io, per primo, non mi sarei aspettato di arrivare fin qui: questo è accaduto perché, come insegna il Tao, il "senza intenzione" (filosofia che cerco di proporre nei miei cammini geopoetici pubblici), è il viaggio più vasto e imprevedibile che possiamo vivere nella nostra esperienza terrena. Buona lettura, dunque, con un cammino geopoetico che mi sono regalato in una delle aree che vedo, da casa, ogni giorno, da trenta lunghi anni e dove vi invito per scoprire la profondità dell'inatteso che la montagna regala se la si vede come un orizzonte e non solo un'ascensione. LEGGI


GLI ALBERI SONO I MIEI FRATELLI

Nel 1969, i miei genitori acquistarono un appartamento nel condominio dove abito dal 1990, qui, sotto la Presolana. Era la classica seconda casa, per le vacanze estive. In quegli anni, le vacanze erano vacanze: due mesi qui, un mese al mare. Avventure sconfinate prima con Salva, nato nel 1966, poi anche con Guido, nato nel 1973. Nei due condomini, quasi tutti occupati da famiglie come noi di villeggianti, si formavano compagnie di quindici, venti ragazzine e ragazzini. Praticamente una piccola tribù che andava ad aggiungersi ad altre piccole tribù di "invasori milanesi" (siamo tutti milanesi, noi non bergamaschi: "milanesi" è da decenni un nuovo sinonimo da sottoporre all'attenzione dell'Accademia della Crusca). Nel concludere i lavori edilizi, il nostro piccolo giardino fu seminato per fare crescere alcuni alberi; l'essenza principale, l'abete. Tutto intorno vi erano solo campi e questi condomini certo non facevano una bella figura nel paesaggio rurale, stupendo, di questo paesino. Dopo ci hanno pensato bene e così si è costruito ovunque, disordinatamente, come è tipico dell'Italia senza un senso del paesaggio (del resto, neanche la nostra Costituzione fa cenno alla Natura, all'Ambiente, al Territorio, al Paesaggio, significativamente). Siamo cresciuti insieme, noi e questi abeti: anche perché da trent'anni a oggi, ci siamo visti quasi ogni giorno con questi sei abeti. Qui, li chiamano paghér. Nel 2009 è nato Leonardo. I bambini sono pochi in estate e quasi zero nel resto dell'anno. In quel piccolo giardino protetto dagli abeti e da una betulla, Leonardo è cresciuto, ha conosciuto la sua prima neve, che facevamo cadere per divertimento dai rami (liberandoli dal peso quando era tanta). Ma in quel giardino erano cresciuti ad esempio Jacopo e Anna, nostri vicini di pianerottolo fin dai primi anni in cui venni qui ad abitare. Ed erano cresciuti anche Nicola e Mattia, oltre che Riccardo, Armando e Marilena, e poi Matteo e Federico, Eric... con noi "vecchi". Io stesso ho iniziato a togliere alcuni rami troppo pesanti, nelle zone basse, mi sono dilettato a comprendere alcune cose, grazie alla sua presenza in giardino. Lo stesso i miei bellissimi nipoti, William, Ambrita, Marco, Matilde, che trascorrono molto tempo con noi sopratutto in estate. Da quando abbiamo una stufa altoatesina, che ricicla il calore e lo diffonde (si, è ecologica: acquistiamo solo legna che viene da vicino, anche se costa di più, paradossale, ma vero), ho imparato a capire che da queste parti i paghér sono considerati male. Serve più legna per produrre lo stesso calore, poi c'è la resina. Insomma, "sono alberi del cazzo". Sappiamo della visione della natura in montagna: se serve bene, se no, rompe il cazzo. E così spesso nelle riunioni di condominio sembra che la presenza di questi fratelli alberi sia come quella di chi scappa da un mondo difficile e vada rispedito agli abissi del Mediterraneo: vade retro! Pericolo! Ma il pericolo è nella loro mente, io penso. In una sensibilità che manca proprio dal software originale. Giro, cammino, ascolto. Deglutisco ascoltando certe scelleratezze che smacchiano l'idealismo sulla "cultura di montagna" (se non ti piace qui, vai da un'altra parte: la frase più gettonata quando poni dei dubbi. Si vede che nessuno ha letto "La saggezza del dubbio" di Alan Watts. Leggetelo, vi farà bene). Non è che in trenta lunghi anni non abbia elaborato. E si, trovo persone sensibili, capaci di andare oltre la visione utilitaristica: poche, ma ci sono.

Circa un anno fa, noto degli strani segni su tre abeti: colpi d'ascia (ne ho una anche io di ascia, perdio!). Gli alberi feriti, la resina rappresa. Allora alzo gli occhi sul più esterno, e vedo - colgo - la maledetta idea per assassinare la pianta: la cercinatura. Invio una foto a un caro amico forestale, che mi conferma l'azione avvenuta. Dopodiché chiamo un amico boscaiolo, che osserva, e dice la stessa cosa. Infine settimana scorsa viene un arboricoltore che conferma a uno dei due amminsitratori l'azione vigliacca: la cercinatura. Lui, l'arboricoltore, da professionista lo definisce "intervento di cercinatura" e da uomo sensibile, non trova molto bella questa azione. Perché in effetti salire lassù a otto metri d'altezza, tra i rami, non è azione da umarell che critica il cantiere stradale come nelle vignette. E' azione pensata, esiste un mandante, e c'è stato dunque un esecutore. Così, dopo avere richiesto diversi preventivi, fatta la scelta dell'incarico da affidare, ieri c'è stato l'abbattimento e l'addio a quei tre amici abeti. Perché? Perché adesso le zone morte di questi alberi uccisi, nel pensiero degli aggressori, erano finalmente e inequivocabilmente pericolose. Prima vIl dolore per me è compensato dal sentire, sempre, le connessioni con la natura che anche noi siamo. Ne facciamo parte, ma nella nostra cultura occidentale, questo non è ben chiaro. Anzi, la natura è altro: va sfruttata, aggredita, sottomessa. Infatti, si vede bene a che punto ci siamo ridotti: settantamila anni di homo sapiens, ne sono bastati tredicimila dalla rivoluzione agricola e addirittura solo tre secoli di rivoluzione industriale per ridurci a non sapere come gestire le risorse naturali. Badate bene: la Terra andrà avanti, quando ha un virus, coi suoi tempi (per noi lunghi), sa come guarire. Si può fare legna, sì. Ma con rispetto, perché  «öna pianta rasgàda l'è mai ü bèl laùr»: non così, non per queste ragioni. E' la storia dell'umanità in una piccola storia di condominio: prima vogliamo il giardino per dire, Guardate che bella casa che abbiamo. Poi, lo vogliamo abbandonare. Pare sia accaduto così, per chi crede alle fiabe, anche con il giardino dell'Eden. Dal quale, se ricordate, siamo usciti per andare in giro a razziare qualsiasi risorsa possibile e immaginabile pur di soddisfare il nostro ego, la nostra avidità, in definitiva, la nostra infelicità.


THE GEOPOETIC TOUR 2019. TULAR D'AUTUNNO

Venerdì 20 settembre 2019, sul calar dell'estate, inizia l'ultima fase del Geopoetic Tour 2019 che ha diffuso in Italia il mio libro ultimo Il Geopoeta. Avventure nelle terre della percezione, dal giorno della sua uscita il 13 marzo 2019. E' stato un viaggio entusiasmante che è andato ben oltre i migliori auspici e non solo per i (famosi) "numeri" - la partecipazione alle presentazioni e ai cammini geopoetici, ma soprattutto per la crescente coesione tra la proposta e la vostra partecipazione organica. Da Villasanta (Il libro del mondo. Festival delle Geografie) agli ultimi cammini di Nel Cuore della Montagna, da Monza (Biblioteca Carrobiolo) al festival letterario Det Vilde Ord, a Bodo nell'artico di Norvegia, da Como per Orticolario alla Valmalenco con Alt(r)o Festival , fino ad Avigliano con l'ultimo cammino narrativo della rassegna Le parole della Terra, tutto converge inevitabilmente alla chiusura del cerchio, il ritorno a Milano, sabato 15 novembre, al Museo di Storia Naturale per Bookcity2019. E quando un cerchio si chiude, un altro si (ri)apre, come già annunciato il 22 novembre pubblicherò Attraverso le terre del suono, un ritorno ai territori sonori dopo 22 anni dall'ultima volta, in forma di libro. Ma è proprio da un capitolo de Il Geopoeta che è nato il progetto ALTDS, il reading musicale (che potete ascoltare nella pagina ad esso dedicata su questo sito) e quindi il libro.

Ordunque, eccovi i link necessari:

INCONTRIAMOCI

IL GEOPOETA. AVVENTURE NELLE TERRE DELLA PERCEZIONE

ATTRAVERSO LE TERRE DEL SUONO


IL GEOPOETA: OUTTAKES, I

IL PAESAGGIO NON E' UNA COLPA

Era questo il titolo di un capitolo scritto nel 2017, per Il Geopoeta. Avventure Nelle Terre Della Percezione. Da oggi, a intervalli imprevedibili, rilascerò da questo mio sito alcuni estratti dai (tanti) capitoli che, per varie ragioni artistiche, sono rimasti inediti rispetto alla versione pubblicata da Bolis Edizioni nel marzo 2019. E' stato un lavoro non paragonabile rispetto a quello di tutti i miei altri libri da I Diari Di Rubha Hunish. Brevi Saggi Sull'Interruzione Del Pensiero In Viaggio (2004, 2011, 2017) a oggi.  Spero vi farà piacere ritrovare alcuni concetti, frasi, idee, poi sviluppate nel libro anche grazie al lavoro di editing con Elena Maffioletti. E magari a incuriosirvi per poi approfondire la mia produzione letteraria.

Davide Sapienza, 29 agosto 2019

OUTTAKE I da IL PAESAGGIO NON E' UNA COLPA

Se vai veloce l’evoluzione si ferma.
Ti sviluppi se ti muovi a passo lento.
La montagna ti suggerisce di continuo l’evidenza: se la vedi in orizzontale, la attraversi e scopri orizzonti. Se vedi solo in verticale, non sarà la permanenza a ispirarti, ma l’andare e il tornare. Così la montagna finirà per essere semplicemente un passaggio, una conquista, sulla quale proiettare, generalmente, gli stessi identici parametri e paradigmi della vita quotidiana “civilizzata” con gli stessi identici valori sociali predominanti: competitività, velocità, quantità invece della qualità. Ma allora ecco che nel corso degli anni si è lentamente – l-e-n-t-a-m-e-n-t-e – palesato da questo deserto di valori un nuovo popolo senza gerarchie e senza dogmi, il popolo di chi cammina e di chi esplora, il popolo di chi sa concentrarsi su ogni momento del suo andare, sia esso in montagna o tra le vie della città, pur sempre popolo in viaggio, nomade per definizione come scrisse già nel 1970 Bruce Chatwin nel suo saggio Questo nomade nomade mondo : «Siamo viaggiatori dalla nascita. La nostra mania ossessiva del progresso tecnologico è una reazione al nostro progresso geografico».

 

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