IL “MIO” BRUCE CHATWIN

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Il 18.1.1989 moriva Bruce Chatwin. Parrà strano a dirsi, ma quando rimasi folgorato dall’incontro con questo viaggiatore e scrittore supremo, pochissimo sapevo della sua vicenda. Era bello scoprire cosi libri e autori: poche righe sulle alette e poi, in biblioteca a cercare. Ero appena venuto a vivere in montagna e divoravo Adelphi in serie. “In Patagonia”, “Le Vie dei Canti” (“The Songlines”, 1987) … trovai qualcuno e qualcosa che sapevano dirmi, “non sei da solo, a sentirti solitario e nomande”. Fu tale l’impatto che quando, nel 1996, uscì il postumo “L’anatomia dell’irrequeitezza” proprio il suo articolo del 1970 “Questo nomade nomade mondo” si infilò nel mio DNA.

Ero su un crinale ventoso e innevato, non lontano dalla Via dei Canti orobica, solitario le mie “songlines” mormoravano tra piedi il cuore e la mente. La telefonata era da prendere: Lorenzo Pavolini è uno dei migliori giornalisti radiofonici italiani, con il quale abbiamo già fatto molto insieme nel 2016, quando cadde il centenario della scomparsa di Jack London. Telefonava da Rai3: “stiamo facendo da alcune settimane puntate dedicate a

Chatwin nel trentennale della sua scomparsa”. Commosso per essere stato pensato a parlare di Chatwin camminatore geopoeta, ho registrato un intervento. Ho ripensato a quando “I Diari di Rubha Hunish” fu protagonista al Premio Chatwin (La Spezia, 2004), con gratitudine: li incontrai e parlai con Walter Bonatti. Lessi e ascoltai Cristina Donà, che “suonò” le mie pagine. Lo speciale andrà in onda domani, sabato 16 febbraio alle 18. Su Radio3 RAI, ovviamente. Ho scelto le letture e quale grande onore, a leggere quei testi, l’amico Giuseppe Cederna.

Devo dire altro? Ah, si, trovate il link su RaiPlay di tutte le puntate su Bruce Chatwin: l’alternativa nomade, ascoltatele, già sei sono andate in onda. Poco prima di registrare l’intervista ho riaperto, 25 anni dopo, alcuni libri. E su “La Via Dei Canti” ho trovato questo sottolineato. No, non è un estratto dall’imminente Il Geopoeta, ma la sua radice profonda e perduta, la poiesis. Non lo ricordavo: ma il mio corpo, lo sapeva. Grazie Bruce, grazie Lorenzo.