IL FUTURO NON E’ MAI ESISTITO

Queste settimane di panico generalizzato dimostrano, per l’ennesima volta, che millenni di pensiero e spiritualità, scienza e conoscenza, non hanno ancora prodotto la massa critica necessaria a fare diventare la nostra umana società ciò che, potenzialmente, può essere.  In queste settimane, penso ai libri e alle conferenze di Alan Watts, ma anche agli insegnamenti di poeti indigeni come Lance Henson, perché uno dei temi che mi ha sempre tenuto vigile, fin dalla giovinezza, è l’idea precisa che il futuro non sia mai esistito. Il futuro non esiste (mi disse un giorno Lance), perché esiste il presente continuo. E la cosa è così evidente, da sfuggirci. Torna più volte, Watts, nei suoi libri, su questa trappola della mente. Il futuro è un’ipotesi, un desiderio, un progetto che possa, il più possibile, aderire alle nostre singole ambizioni. Nel fare questo, si perde di vista il presente, l’unica realtà esistente. Lo sanno bene artisti e uomini di sport: nel ripetere ogni gesto costruisci la densità di un presente che ovviamente – di presente in presente – rappresenterà un vero presente continuo, solido. L’assenza di questa solidità è ciò che caratterizza questo passaggio storico, il panico che cerca di contrastare l’invisibile. Se ogni piccolo presente fosse stato investito della nostra attenzione (interiore, mentale, lavorativa, politica), ovviamente il presente attuale sarebbe migliore. Sento tante persone in questi giorni che, teoricamente, quando c’è da fare un post o parlare astrattamente, sembrano aderire a questa idea. Ma non vivendola nella sua pienezza, sono ancora troppo attaccate all’idea di crisi e di tempo: come se “fermare il mondo” per qualche mese sia davvero inconcepibile. Non poterlo mai fermare, questo è inconcepibile. Perché ogni persona che sa quando fermarsi, sa anche che può farlo e perché lo fa. Anche se costretto improvvisamente a farlo, nello “zaino” avrà sempre la risposta giusta per non soccombere al panico. Fa specie sentire certe frasi in pubblico e in privato e, per esempio, vedere cosa accade in Siria (nove anni di guerra) o cosa stanno facendo ai confini con la Grecia e la Turchia ributtando in mare gente che non ha neanche un presente.  Dobbiamo vivere nel presente, con il presente, per il presente. Se si continuerà a vivere proiettati in un futuro che nessuno davvero può dire di conoscere – perché il futuro non esiste – le stime, le proiezioni, le statistiche (utili, ma non possono diventare la guida della nosta vita), avremo perso l’ennesima occasione per vivere nel qui&ora, nel presente come unica realtà per potere esigere da noi il meglio di noi: il massimo della consapevolezza e della presa di coscienza. Il futuro non è mai esistito perché se così fosse, avrei potuto prevedere, io, che un giorno del marzo 2020 sarei stato qui a scrivere, nel mio presente, del mio presente, col mio presente?

 

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