29 GIUGNO 1958. LA GINGA E L’IMMAGINAZIONE AL POTERE

Il giovane Pelé non è ancora diciottenne. Gli sbruffoni svedesi (nazionale in realtà formata da giocatori di diversi paesi) deridono pesantemente il Brasile in conferenza stampa:: si, hanno paura i ridicoli marcantoni e infatti incasseranno 5 gol. Addirittura la federazione brasiliana vorrebbe che i calciatori verdeoro abbandonassero la straordinaria creatività della “ginga”, un modo di giocare gioioso e creativo, che affonda le proprie radici nei secoli e nelle sofferenze trasformate in gioia: “la ginga è il fattore decisivo per giocare a calcio, un atteggiamento in cui il talento prevale sulla tecnica, il piacere del gesto è dominante.” Quando si rendono conto che in campo hai quel ragazzo con le stelle negli occhi e i piedi degli dei, allora devi arrenderti all’evidenza: l’immaginazione va al potere nello sport, prima che in qualsiasi altra espressione popolare. Nonostante l’attitudine intimidatoria prima e durante la partita, gli

svedesi in campo non ci capiscono una cippa e vengono umiliati, 2 a 5. In casa loro. Per la prima volta una coppa del mondo viene vinta da una nazione extra europea, in Europa. In quel giorno il mondo scoprì il più grande calciatore che abbia mai allietato i nostri giorni e che usava i piedi collegati al cuore, guidati da una mente libera, da una creatività assoluta, dalla gioia e dal sorriso.
“Quando lo vidi giocare a me sembrava che non toccasse neanche il terreno” dirà di lui Walter Sabbatini, ex calciatore romanista e ora direttore sportivo. Perchè, come ci ricorda l’altra divinità Johann Crujiff, “con il pallone lui faceva cose che non avevano niente a che vedete con le leggi della logica”.

Grazie O’Rei per averci fatto sognare veramente con il tuo sorriso e l’amore per la vita. Non sei stato un calciatore ma un figlio delle stelle che ha insegnato al mondo la meraviglia universale dello sport.

(https://ilmanifesto.it/pele-io-e-la-ginga-in-area-di-rigore/)